Meditazione 19^ domenica del tempo ordinario 11/08/2024

Anche in questa domenica ci viene proposto un brano del discorso del Pane di vita, al capitolo 6 del Vangelo secondo Giovanni, discorso costruito come dialogo, ma che in realtà è un dialogo fino a un certo punto: infatti Gesù non risponde direttamente alla domanda iniziale della folla e poi anche gli ascoltatori smettono di parlare a Gesù e mormorano tra loro.
Gesù continua a rivolgersi a queste persone, ma non riceve alcuna risposta: preferiscono criticare, mormorare, chiudersi nelle loro obiezioni. Viene in mente quel che diceva il filosofo Martin Buber: quando l’altro smette di essere un “tu” e diventa un “lui”, un “esso”, quando viene meno la relazione, ci chiudiamo in un nostro mondo. Vale lo stesso anche con Dio: quando non è più un “tu” al quale ci rivolgiamo, magari anche solo per esprimergli i nostri dubbi o la nostra rabbia, quando diventa un “lui”, la fede svanisce e restano solo i nostri pensieri, pro o contro Dio ma comunque con poca o nessuna consistenza.
Solo la relazione incide nella nostra vita e la cambia, e la relazione col Dio invisibile è possibile solo attraverso Gesù. Solo la sua “carne”, cioè la sua incarnazione, la sua vita, ci può dire qualcosa di vero su Dio, qualcosa che dia senso e speranza ai nostri giorni. Ma per i suoi (non) ascoltatori questa carne era troppo banale, troppo umile, troppo umana per poterci elevare fino a Dio: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?
Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Forse invece per noi la sua carne, la sua umanità, rischia di essere troppo poco concreta perché lontana nel tempo e magari anche un po’ scontata: sono cose che crediamo di aver sentito già tante volte, anche se forse non è vero e di sicuro non ne abbiamo compreso tutta la ricchezza.
Ciò di cui abbiamo bisogno, che lo sappiamo o no, è nutrirci delle parole e delle le opere di Gesù, assimilare, fare nostra la sua vita: dobbiamo nutrirci di questo pane vivente che è la sua carne, la sua umanità perché siamo fatti per questo. Siamo figli di Dio e dentro tutti noi risuona, in un modo o nell’altro, la voce del Maestro interiore che ci chiama a sé: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato […] Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”». Tutti siamo chiamati: Dio non è lontano da noi, purché sia un “tu” e non un “lui”.
Questo discorso del Pane di vita, cioè del Pane vivente che è Gesù, si riferisce ovviamente all’Eucaristia, il sacramento, cioè il segno che contiene e trasmette efficacemente il dono di amore che il Signore Gesù ha fatto di sé consegnandosi alla morte di croce. Ma nutrirsi di questo Pane vivente non vuol dire solo “fare la comunione”, o meglio: fare la comunione significa accogliere il dono del Signore che è culminato sul Calvario, ma che comprende anche tutto ciò che ha fatto e ha detto prima della sua passione. Fare la comunione vuol dire nutrirsi della carne, dell’umanità di Gesù, ascoltare la sua voce e rispondere con un sì che coinvolge tutta la vita.


Pubblicato

in

da

Tag: