Con la prima domenica di avvento inizia un nuovo anno liturgico: per me è un invito a ripartire, a ricominciare, a non adagiarsi su quel che si è già fatto di positivo o di fallimentare. Specialmente in questo tempo in cui nella Chiesa e nelle parrocchie tutto sembra cambiare, non dobbiamo scoraggiarci guardando a un passato idealizzato, ma dobbiamo proseguire il cammino verso il pieno compimento che è il ritorno del Signore alla fine dei tempi. Ma cosa significa in concreto?
Nel brano di questa domenica il Signore ci invita a vigilare in attesa della sua venuta e lo fa con diversi verbi all’imperativo: “guardate” (v. 33), “restate svegli” (v. 33), “vegliate” (vv. 35 e 37) che stanno a significare un atteggiamento attivo, il contrario della passività rassegnata, del “dormire”.
Anche se questo nostro tempo spesso è carico di difficoltà e incertezze non lo dobbiamo subire, non dobbiamo fuggire dal nostro impegno quotidiano. Infatti il brano dice anche che il Signore ha dato “ai suoi servi l’autorità, a ciascuno la sua opera” (v. 34): ciascuno ha ricevuto un’autorità che significa alla lettera “il potere di far crescere”, un’autorità che si realizza in un’opera concreta da svolgere, anche se dovesse sembrare piccola ai propri occhi rispetto ai bisogni e ai problemi del presente. Non c’è solo il “portinaio” (v. 34), al quale è affidato un compito particolare: esiste una diversità di doni e di responsabilità, ma nessuno è senza autorità e ciascuno ha un’opera da portare avanti.
Mi torna in mente allora quel che diceva Sant’Antonio del deserto, ormai novantenne, quando qualcuno gli chiedeva: «Padre, cosa fai oggi?». «Oggi ricomincio». Anche se aveva già fatto tanto e anche se era ormai vecchio, ogni giorno ricominciava da capo la sua preghiera, la sua ascesi, la sua risposta alla chiamata del Signore. Però non diceva: “Continuo a fare quel che ho sempre fatto”, ma “Ricomincio”, e questo vuol dire che ripartiva con l’umiltà di chi è ancora disposto a imparare ed è aperto alle sorprese che si possono incontrare lungo il cammino. Non credo volesse rinnegare o dimenticare tutta l’esperienza accumulata fino a quel momento, ma non se ne faceva un alibi per rassegnarsi davanti ai problemi. Quelli che cominciano non dicono mai: “Già visto”, “Già fatto”, “Impossibile”. Quelli che cominciano sperano, immaginano, ci provano, e così dovrebbero fare anche quelli che ricominciano.
Il Signore ritornerà e concluderà la storia del mondo, ma prima di allora ci sono ancora molti avvenimenti e cambiamenti da vivere e ogni generazione – e ogni persona – è chiamata a fare la sua parte, non aspettando passivamente che il tempo trascorra.
Nei momenti più critici della nostra vita e della vita delle nostre comunità bisogna guardarsi dallo scoraggiamento che rischia di far sprecare anche le poche forze rimaste: questo brano ci dice che tutti abbiamo un’opera da compiere e che a tutti è chiesto di vegliare, di non cadere nella passività. Ma non si tratta solo di stringere i denti ed esercitare la forza di volontà: l’avvento ci dice che non solo il Signore ritornerà, ma che ci viene incontro anche oggi e domani. La nostra opera è in realtà la sua opera e nella fedeltà al nostro dovere quotidiano ci è dato di sperimentare il suo aiuto e di aprirci alle sue sorprese.
Meditazione 1^ domenica di Avvento 03/12/2023
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