Meditazione 11^ domenica del tempo ordinario 16/06/2024

A differenza degli altri evangelisti, Marco non riporta veri e propri discorsi di Gesù ma, con poche eccezioni, soltanto alcune frasi collegate ai fatti: guarigioni, incontri, miracoli. Le tre parabole del capitolo quarto – che parlano di un seme – sono una di queste pochissime eccezioni. Il brano di questa domenica ci presenta la seconda e la terza parabola.
In quale contesto furono esposte queste parabole? Secondo il cardinal Martini, Gesù le raccontò in occasione della crisi della sua missione (L’itinerario spirituale dei Dodici nel Vangelo di Marco, 1976). Domenica scorsa il Vangelo ci raccontava le incomprensioni alle quali Gesù è andato incontro: non si è trattato di un episodio isolato. Dopo un iniziale successo, soprattutto perché guariva i malati, la sua missione in Galilea è andata incontro a difficoltà sempre maggiori: i suoi compaesani lo respinsero, la diffidenza nei suoi confronti crebbe, i nemici divennero sempre più numerosi e cattivi e perfino molti discepoli a un certo punto lo abbandonarono.
È lo scandalo dell’insuccesso: quando ci si mette con buona volontà e onestà a fare qualcosa di buono, si pensa che tutto dovrà andare bene, che gli altri ci daranno una mano e anche Dio ci darà la sua benedizione. Poi però succede magari il contrario: i nostri progetti non vanno in porto, gli altri non aiutano o addirittura ci remano contro e l’aiuto di Dio sembra proprio che non arrivi.
Come ha reagito Gesù davanti all’insuccesso e cosa ha voluto insegnare ai suoi discepoli? Ha raccontato le tre parabole del seme.
La prima – quella che non leggiamo in questa domenica – fa capire che il Regno di Dio non viene automaticamente: dipende dalle disposizioni di chi accoglie o non accoglie la parola di Dio. Non tutto dipende da noi e non c’è garanzia che le buone iniziative debbano avere successo.
La seconda e la terza parabola – che la liturgia di oggi ci propone – aggiungono qualcos’altro: dicono che comunque la Parola porterà frutto, a suo tempo, e che sarà un frutto molto grande, nonostante la piccolezza degli inizi.
Le riflessioni del cardinal Martini le ho lette quand’ero ancora molto giovane, agli inizi del mio ministero, ma non le ho mai dimenticate. Penso che a tutti piacerebbe avere successo nelle proprie iniziative, nel proprio lavoro, e io non faccio eccezione. Anche i più bravi, però, a volte incontrano insuccessi e fallimenti: nelle cose di questo mondo questi sono altrettante occasioni per imparare dai propri errori e per migliorare, ma nelle cose di Dio c’è qualcos’altro da imparare.
L’efficacia non dipende tanto dalle nostre capacità e dalle migliori strategie, anzi: più siamo noi protagonisti e più spazio di manovra togliamo alla Grazia, all’opera dello Spirito Santo. Nelle cose che riguardano Dio l’insuccesso è un maestro duro, ma bravo: ci insegna ad aver fiducia non in noi stessi ma solo nel Signore e nella forza della sua parola.
Credo che oggi questa lezione non riguardi solo i preti, ma anche i genitori e i nonni che cercano sinceramente e con le migliori intenzioni di trasmettere la fede alle nuove generazioni, ma spesso constatano l’inefficacia dei loro sforzi. In questi casi, diceva già Sant’Agostino (De cathechizandis rudibus, 18), quando le nostre parole e il nostro esempio non risultano efficaci parleremo più a Dio di loro, che a loro di Dio.
Ma poi, sono proprio sicuro che è la parola di Dio quella che ho annunciato? A volte, in passato, è sembrato bene a me e ad altri educatori proporre ai ragazzi e ai giovani argomenti di riflessione che ci sembravano più vicini ai loro interessi, più interessanti per loro. È vero che spesso non si può fare diversamente, ma se poi la parola di Dio vera e propria non è annunciata, o molto poco, non c’è da stupirsi se la fede non germoglia.
D’altra parte, Gesù di sicuro ha annunciato la parola di Dio, ma il frutto della sua semina non lo ha visto con i suoi occhi, eppure pochi anni dopo il Vangelo è arrivato dappertutto.
La sua parola non ha perso la sua forza: questa settimana ai bambini del Grest ho cominciato a raccontare il Vangelo e dopo tre giorni uno di loro mi ha chiesto di essere battezzato. Vedremo cosa decideranno i suoi genitori e chissà come la penserà quando sarà più grande, ma io sono già felice…


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