Testamento proclama il proprio elogio: è la Sapienza. Ma chi è questo essere con caratteristiche divine che esisteva “prima dei secoli, fin dal principio”, che ha collaborato con il Dio unico nell’opera della creazione e che esisterà per tutta l’eternità? Lungo i secoli sono state date varie risposte a questa domanda; per il popolo d’Israele la Sapienza era la Legge di Mosè: in essa Dio ha manifestato la sua volontà e ha insegnato ai figli di Israele come devono vivere.
Nel Vangelo secondo Luca, però, Gesù ha detto, parlando di se stesso: «La sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli» (Lc 7,35), cioè da coloro che le appartengono. I nemici di Gesù lo accusavano di tante cose, di essere un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori, ma i suoi discepoli hanno riconosciuto che era giusto e che in lui si manifestava la sapienza di Dio, anzi egli era la Sapienza di Dio in persona.
Più tardi San Giovanni, che ha annunciato il Vangelo ai pagani di lingua e cultura greca, non ha usato il vocabolo ebraico, ‘sapienza’ (hokmah), ma un’altra parola, ‘Logos’, che sta comunque a indicare (anche) la sapienza, l’ordine, il senso di tutta la creazione.
Gesù, questo uomo che è nato a Betlemme ed è morto pochi anni dopo, è quindi il Logos incarnato, la Sapienza di Dio: ciò significa che in questa breve vita umana si concentra tutto ciò che Dio ha voluto, creando l’universo. La nascita, la vita, le parole e le opere di Gesù, la sua morte, risurrezione e ascensione al cielo ci sono state donate per farci diventare figli di Dio simili a lui, e questo è il motivo per cui è stato creato tutto l’universo. Come dice la seconda lettura, fin dall’inizio, da «prima della creazione del mondo», siamo stati scelti per essere un giorno «santi e immacolati di fronte a lui nella carità», predestinati «a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà». Ciascuno di noi, lo sappia o no, è stato scelto e amato da Dio per diventare suo figlio o sua figlia a immagine di Cristo.
Perciò le letture di questa domenica non si soffermano sulla descrizione di ciò che è avvenuto a Betlemme, ma ci parlano del senso del mistero dell’incarnazione. Per quanto la crudeltà della natura ci possa risultare incomprensibile, per quanto il dramma della storia e della sua violenza ci possa apparire assurdo, per quanto la nostra vita individuale ci possa sembrare insignificante, c’è una sapienza in tutto questo, c’è un logos, una logica che ha cominciato a manifestarsi nell’incarnazione e che un giorno sarà pienamente evidente, quando saremo davanti a Dio santi e immacolati nell’amore, per opera di Gesù.
Prendendo ancora a prestito le parole della lettera agli Efesini, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, ci dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati e quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.
Meditazione 2^ domenica di Natale 05/01/2025
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