Meditazione 20^ domenica del tempo ordinario 18/08/2024

Siamo arrivati all’epilogo del Discorso del Pane di vita, al cap. 6 del Vangelo secondo Giovanni.
Le parole di Gesù: «Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita» scandalizzano non solo gli ascoltatori occasionali ma anche i suoi discepoli, molti dei quali smettono di seguirlo dopo questo discorso.
Per noi, oggi, è facile evitare quello scandalo, riferendo quelle parole alla comunione eucaristica, ma in questo modo perdiamo almeno in parte il senso di quel discorso. Gli abitanti di Cafarnao in quel momento non potevano sapere che ci sarebbe stata l’ultima cena, perciò le parole di Gesù dovevano avere un significato che almeno in teoria fosse comprensibile anche per loro. Quale?
Ovviamente Gesù non li sta esortando al cannibalismo, come invece hanno pensato. In questo discorso il mangiare e il bere – come pure le parole ‘pane’, ‘carne’ e ‘sangue’ – sono metafore, hanno un significato non letterale. “Nutrirsi” sta a significare “sostenere la vita”, non quella fisica ma quella che Gesù è venuto a portare, quella che il quarto Vangelo definisce “eterna”, la vita stessa di Dio, libera dalla paura, dall’egoismo e dalla morte, pienezza di gioia e di luce… la vita di Gesù. Gesù è venuto a donarci la sua stessa vita, farci vivere come lui, farci diventare come lui.
Come si può realizzare questo ideale che sembra impossibile?
Gesù è colui che può cambiare “da dentro” la nostra vita: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me». “Nutrire” la propria vita di tutto quel che Gesù ha detto e ha fatto, di quel che ha amato e sofferto, di quel che ha detestato e combattuto, di quel che ha desiderato e realizzato, lasciare entrare in noi il suo modo di pensare e di agire così che cambi i nostri pensieri e le nostre scelte, questo (e altro) è “mangiare la carne e bere il sangue del Figlio dell’uomo”.
Vivere per lui e grazie a lui la vita nuova, “eterna”, divina, nelle normali e quotidiane circostanze della nostra esistenza, come ha fatto lui e come hanno fatto tutti quelli che si sono nutriti così della sua carne e del suo sangue.
Certo, il culmine della manifestazione del suo amore per noi è stato consegnare il suo corpo e il suo sangue alla morte di croce. Per questo l’eucaristia è per eccellenza l’atto con cui ci nutriamo del corpo e sangue di Cristo: facendo la comunione accettiamo e accogliamo il dono che Gesù ha fatto della sua vita sul Calvario. Lo facciamo nostro, lo assimiliamo, o meglio siamo assimilati, resi simili – almeno inizialmente, nel desiderio – al Signore Gesù che dona tutto se stesso.


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