Meditazione Assunta 15/08/2024

Ho ancora negli occhi e nella mente le bellissime immagini delle Olimpiadi appena concluse. Il motto adottato dal Comitato olimpico internazionale fin dal 1894 era (in latino): Citius, Altius, Fortius, ovvero Più veloce, Più in alto, Più forte. Nel 2021 è stata aggiunta molto opportunamente la parola Communiter (Insieme) a sottolineare il valore unificante dello sport e l’importanza della solidarietà.
Le espressioni di questa unità e solidarietà non sono mancate, ma la competizione ovviamente resta l’aspetto più importante di queste gare. Per raggiungere l’eccellenza le atlete e gli atleti si sottopongono per anni a durissimi allenamenti che plasmano i loro corpi rendendoli fortissimi ed efficientissimi. Le Olimpiadi e lo sport in genere si possono anche considerare come celebrazione dell’armonia e della bellezza del corpo umano.
La bellezza del corpo è sempre stata oggetto di ammirazione e di desiderio, ma nella nostra società delle immagini l’importanza dell’aspetto fisico è cresciuta a dismisura. E insieme all’importanza della bellezza è cresciuta anche quella della performance, della prestazione: molti chiedono al proprio corpo e alla propria vita di “fare di più”, di raggiungere obiettivi sempre più difficili in ogni ambito. Sempre più veloce, più in alto, più forte… e guai a chi resta indietro.
Il corpo è inteso e desiderato da molti come ideale di perfezione estetica e come macchina, strumento per raggiungere risultati. Solo che il corpo delle persone comuni non è quasi mai come quello degli olimpionici e forse non deve neanche esserlo.
La festa dell’assunzione al cielo di Maria in anima e corpo si può considerare anche come la celebrazione da parte della Chiesa del valore della corporeità: Maria santissima è entrata nel cielo, cioè nel mondo di Dio, nella trascendenza, non soltanto col suo spirito, ma con tutta la pienezza del suo essere, compreso il suo corpo risuscitato, il suo corpo glorioso. Ma com’è questo corpo glorioso? Non è il corpo perfetto e super efficiente: Gesù risorto mostra ai discepoli le poco estetiche cicatrici della sua passione, i segni della sua sofferenza. Anche se entra nel cenacolo a porte chiuse il suo non è il corpo di un superman: è il corpo che durante la sua vita terrena si è fermato a curare i malati, si è chinato sulle infermità e debolezze umane, ha sofferto senza opporre resistenza. Più lento, più in basso e più debole: questo è il corpo, l’umanità che Dio glorifica con la risurrezione e l’assunzione al suo cielo. Il corpo mortale, debole e imperfetto, ma capace di relazione, di comunione, di solidarietà.
Il nostro corpo soggetto alle imperfezioni, alle malattie e all’invecchiamento ci può insegnare molte cose se, invece di spremerlo per ottenere sempre di più, lo ascoltiamo: è la porta attraverso la quale entriamo in contatto con il mondo e con gli altri; è il registro dei ricordi di tutto quel che abbiamo vissuto; è lo specchio onesto di quel che siamo e non di quel che vorremmo essere, anche se o proprio quando cerchiamo di camuffarlo; è il fratello saggio che ci fa rallentare quando invece vorremmo strafare…
Communiter, insieme: anche noi saremo associati alla gloria di Gesù e di Maria se vivremo in questo nostro corpo non nella competizione costante e nel tentativo di prevaricare sugli altri, e nemmeno nell’ossessione di “far colpo”, di essere guardati e ammirati, ma nell’ascolto, nella vicinanza, nella capacità di accorgerci degli altri e dei loro bisogni.


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