Meditazione Sacra Famiglia 29/12/2024

Nell’ambito delle feste del Natale celebriamo non solo la nascita di Gesù, ma anche la pienezza dell’incarnazione che comprende la sua crescita in una famiglia umana. Gesù non solo è nato, ma è anche cresciuto, ha ricevuto da genitori e maestri un’educazione religiosa tradizionale, ma con la possibilità di reinterpretarla in modo originale. Un’educazione molto diversa da quella che ricevono oggi molti bambini, solo superficialmente religiosa e con pochissimi spazi di autonomia.
Gesù ha ricevuto da genitori e maestri quel che gli hanno trasmesso, ma come testimonia il brano di oggi, fin da ragazzo ha anche espresso la sua originalità. Di solito l’emergere di questa unicità passa quasi necessariamente anche attraverso conflitti e incomprensioni, e a quanto pare la Santa Famiglia in questo non ha fatto eccezione. Forse ci verrebbe spontaneo pensare che nella casa di Nazaret tutto dovesse sempre filare liscio, invece San Luca dice apertamente che «[Maria e Giuseppe] non compresero ciò che [Gesù] aveva detto loro» (Lc 2,50). Questa incomprensione ha generato una sofferenza che cogliamo nelle parole di Maria: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). In quel momento si è compiuta una separazione, si è aperta una distanza dolorosa per i genitori di Gesù, ma necessaria.

Un’educazione riuscita è quella che trasmette un’eredità e permette di far emergere una novità: un bambino prima deve imparare, anche faticosamente, quello che gli altri hanno capito prima di lui; d’altra parte, crescendo, è chiamato a dare al mondo il suo contributo originale, non solo a ripetere ciò che gli altri gli hanno insegnato. Ai piedi dei maestri Gesù ha imparato la Legge di Mosé, ma non si è limitato a ripetere a memoria quel che gli dicevano: ascoltava e interrogava, cercava di capire. Un po’ alla volta ha sviluppato la sua interpretazione della Legge, mettendo al centro la misericordia e l’amore.
Sembra che, durante la sua crescita, i suoi genitori non abbiano avuto quell’atteggiamento di controllo iperprotettivo oggi così comune. Infatti, sulla strada del ritorno a Nazaret percorsero un’intera giornata di cammino senza accorgersi della sua assenza, ma non erano né irresponsabili né superficiali: semplicemente si fidavano di lui e degli altri partecipanti al pellegrinaggio, più o meno tutti parenti, dato che la famiglia di quel tempo era molto allargata. Amare ed educare non equivalgono a controllare: al contrario, il controllo può diventare un ostacolo alla crescita dei figli e diventare soffocante.
Come ricorda saggiamente Luciano Manicardi, compito dei genitori è «introdurre all’arte della relazione infondendo fiducia, lasciando essere, amando, accogliendo e dicendo dei no, riconoscendo e rimproverando» e lasciando lo spazio all’imprevisto che il figlio dovrà poter esprimere. Quell’imprevisto è espressione della libertà del singolo, è la sua unicità. L’istituzione religiosa e quella famigliare svolgono il loro compito quando non solo non ostacolano, ma si pongono a servizio del pieno sviluppo umano e spirituale della persona, della sua vocazione, della sua unicità.
È stato attraverso una storia segnata anche da sofferenze e fatiche, incomprensioni e tensioni, che ha potuto svilupparsi l’umanità libera e capace di amore del Gesù adulto e ha potuto dispiegarsi la sua vocazione. Altre volte ancora Gesù affermerà la propria indipendenza e autonomia dal volere dei familiari, ma come in questo caso il suo comportamento non nascerà da un “no” a loro, ma da un “sì” al Padre.


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